Tuesday, April 28, 2009

Warm silence

© Marco Signorini

Mentre la scoperta di autori provenienti da molte parti del mondo in genere si svolge nella forma di un unico grande percorso fatto di diversi capitoli, che se anche spesso sono del tutto autonomi sembrano comunque mantenere una qualche forma di legame, in genere mi capita di imbatttermi in autori italiani per puro caso e comunque spesso senza alcun nesso tra il modo con cui riesco a giungere a uno oppure all'altro. È un mistero che ancora non sono riuscito a risolvere, probabilmente legato a un mio in qualche modo scarso legame con il 'mondo fotografico italiano' insieme alla consueta difficoltà a reperire informazioni e vedere immagini sul web a proposito di tale scena italiana.
Quindi ringrazio Marco Signorini per avermi scritto e quindi avermi permesso di conoscere il suo bel lavoro, fatto di visioni silenziose, paesaggi senza tempo che si alternano con intensi ritratti ambientali, dove si rimane quasi con la sensazione di assistere perpetuamente a quegli ultimi momenti che preludono a un tramonto di mezza estate.
Le immagini del suo lavoro Earth saranno parte della nuova edizione di Fotografia Europea - Reggio Emilia, che comincia il prossimo 30 aprile.

© Marco Signorini

While the discovery of authors from around the world usually unfolds like a big whole story made of different chapters, often quite autonomous but at the same time connected in some ways, i mainly bump in Italian photographers by mere chance and/or often without any kind of link between the paths that lead me to one or to the other. This is still a mistery i didn't manage to solve, probably simply due to some scarce connection from my side with the 'Italian photographic world', combined with the usual difficulty in trying to trace an Italian scene through the web, which is still used with great diffidence by the many.
So I have to thank
Marco Signorini for having written to me and for having allowed me to know his beautiful work, made of quiet and silent visions, where timeless landscapes alternate with an intense environmental portraiture, leaving us with the warm feeling of perpetually witnessing those very last moments that prelude to a mid-summer sunset.
Images from his work Earth will be on show during the new edition of Fotografia Europea - Reggio Emilia, starting on April 30.

© Marco Signorini

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Sunday, April 19, 2009

Passers-by

© Mona Breede

Il lavoro Coreographien di Mona Breede mi ha fatto subito pensare ad altri lavori dedicati a scene di vita urbana. Le sue immagini assemblate digitalmente presentano degli spazi rigorosamente inquadrati che vengono in seguito popolati di presenze umane, creando un particolare senso di immobilità, un tempo congelato che però non ha nulla a che vedere con il momento decisivo e non restituisce il senso di un’istantanea: al contrario, il tempo viene fermato per mostrare la struttura in continuo mutamento di queste street scenes, trasformandole in delle icone delle nostre città, immerse in una luce artificiale che è ben lontana dagli scorci di vita metropolitana che i nostri occhi possono registrare.

© Mona Breede

Altri lavori hanno giocato con i codici della street photography, per poterli deviare verso un approccio contemplativo che piuttosto che congelare l’attimo lo dilata, espandendo un singolo momento in un lasso indefinito di tempo, permettendoci di esplorare quelle stesse scene che siamo abituati a vedere come frammenti rubati. Prendiamo quindi questa occasione per riguardare dei classici di questo genere, dagli scorci stradali messi in scena da Jeff Wall e Philip-Lorca di Corcia ai passanti ‘inconsapevoli’ di Beat Streuli.

© Jeff Wall

The work Coreographien by Mona Breede made me immediately think about other passers-by based works. Her digitally assembled images have strictly framed spaces that she subsequently fills with human presence, creating a peculiar feeling of stillness, a frozen time that has nothing to do with any decisive moment or has no snapshot-like flavour: on the contrary, it slows time to show the structure of these ever-changing moments of street life, almost transforming them into icons of our cities, bathed in an artificial light that is far from the glimpses of city life we can record with our own eyes.

© Philip-Lorca di Corcia

Other works played with the codes of the street photography tradition, in order to deviate them towards a contemplative approach that rather than freezing a moment, it could expand a single second into an indefinite lapse of time, allowing us to explore those same scenes we are used to look at like stolen moments. So let’s take this chance to go back to classics of this subgenre, from the streets scenes restaged by Jeff Wall and Philip-Lorca di Corcia to the ‘unconscious’ passers-by’s faces taken by Beat Streuli.

© Beat Streuli

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Monday, April 13, 2009

Evidences

© Mårten Lange

Nel 1977 Mike Mandel e Larry Sultan con il loro libro Evidence segnarono un momento cruciale nella ricerca sulla natura dell'immagine fotografica, mostrando quanto possa essere drammatico il divario tra un'immagine e la percezione di essa, lasciando l'osservatore di fronte all'immediatezza di segni che potevano essere percepiti chiaramente, ma che non lasciavano alcuna speranza di venire ricomposti in un significato chiaro e condiviso.
Da allora molti hanno proseguito l'esplorazione dell'ambiguità o della capacità di ingannare nascoste nella fotografia, mettendo in discussione il nostro sguardo e la nostra capacità di comprendere: l'ultimo della lista è probabilmente Mårten Lange con il suo libro Anomalies (pubblicato da Farewell Books), una sequenza di oggetti e di scene che non ci danno alcun indizio sul loro significato e che sembrano suscitare solo l'inquietante e sottile sensazione di qualcosa che sia appena accaduto o che stia per accadere. Le immagini sono immerse in un clinico bianco e nero che deve molto alla misteriosa oggettività della collezione di 'documenti' di Mandel e Sultan: in entrambi i lavori praticamente ogni cosa è manifesta, lampi di flash mettono a nudo le superfici e il nostro disagio, invece di provenire da ciò che non vediamo, cresce con la nostra consapevolezza che stiamo vedendo tutto, stiamo vedendo troppo, senza la minima speranza di afferrare il senso di quello che abbiamo di fronte.

© Mike Mandel & Larry Sultan

In 1977, Mike Mandel and Larry Sultan's book Evidence set a landmark in the investigation of the photographic image, showing how dramatic the gap between an image and the perception of it can be, leaving the viewer in front of the immediacy of signs that can be clearly perceived but give no chance of being composed in a clear and shared meaning.
From then on, many went deeper in exploring the power of deceiving that is hidden inside the photographic language, questioning our gaze and our understanding: the latest attempt is probably Mårten Lange's last book,
Anomalies (published by Farewell Books), a sequence of objects and scenes that gives us no clues about their meaning, leaving us with a subtly dreadful feeling of what may have just happened or will happen soon, immersed in a clinical black & white that owes much to the mysterious objectivity of Sultan and Mandel's collection of 'documents'. In both works almost everything is exposed, flash lights bare every surface and so our discomfort, instead of coming from what we can't see, is enhanced by the fact that we are actually seeing everything, we are seeing too much, with no chance of grasping the sense of what is in front of us.

© Mårten Lange

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Saturday, April 11, 2009

photo-roman

La jetée, Chris Marker, 1962

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