The 22nd edition of SI Fest - Savignano Immagini Festival will open in two weeks (September 13 - 15, 2013), with a wide selection of exhibitions curated by Massimo Sordi and Stefania Rössl, inspired by this year's theme Species of Spaces.
The various selected artists explore the idea of space in many directions: both as natural and artificial landscapes, but also looking at space as a private world; ultimately they also interrogate space as the element in which photographs can exist, as exhibitions, books and archives.
During the following weeks I will go through some of the artists involved in this year's edition, looking at the different ways they deal with the concept of space in their work. Lets start from one of the most imposing and problematic Species of Spaces presented in the festival, the urban landscapes of Roman Bezjak's Socialist Modernism – Archeology of an Era (book here) Made thanks to years of trips to several Eastern Europe countries, the work explores how socialist architecture still exist in their cities, buildings which are often marked by a strict functionalism and yet were conceived as monuments to an ideology. Bezjak's photographs often show them as objects fallen from the sky, disconnected by the urban landscape they dominate.
Bezjak's view reveal how the passing of time (and history) affected those buildings and how the surrounding space mutated around them through the decades. Socialist Modernism should be seen together with another recent work devoted to regime architecture, Spomenik by Jan Kempenaers, a documentation of the futuristic monuments in former Yugoslavia commissioned by Josip Tito to commemorate those fallen in World War II. The two projects seem like the two faces of the same utopia: monuments lost in space in one case, surreal shapes conceived with no physical constraints, while on the other hand we have buildings with a similar monumental ambition, but shaped by the space around them.
Tra due settimane verrà inaugurata la ventiduesima edizione del
SI Fest - Savignano Immagini Festival (13 - 15 settembre 2013), con un'ampio programma di mostre curato da Massimo Sordi e Stefania Rössl che declinano il tema generale scelto per quest'anno,
Specie di Spazi.
I diversi artisti selezionati esplorano il concetto di spazio in molte direzioni, a partire dai luoghi fisici che vengono indagati attraverso le fotografie intesi come paesaggi naturali o artificiali, ma anche elaborando lo spazio come costruzione di una dimensione privata, esistenziale; per arrivare poi a riflettere sugli spazi stessi in cui le fotografie possono esistere, dal libro alla galleria, passando per gli archivi.
Nei prossimi giorni da qui all'inizio del festival passeremo in rassegna diversi tra gli autori coinvolti, provando a riflettere brevemente sull'idea di spazio che le loro immagini propongono. Cominciamo da una delle forme di spazio più imponenti e problematiche tra quelle proposte, quella dei paesaggi urbani di
Roman Bezjak con il lavoro
Socialist Modernism – Archeology of an Era (
qui il libro)
. Frutto di anni di viaggi in diversi paesi dell'Europa Orientale, il lavoro indaga la sopravvivenza di queste architetture sospese tra un funzionalismo puro e la celebrazione dell'ideologia socialista, espressione di un'austerità monumentale che spesso occupa le strade delle città come oggetti alieni calati dall'alto, slegati dal resto del tessuto urbano di cui hanno preso possesso.
Le diverse vedute create da Roman Bezjak ci mostrano i diversi effetti dello scorrere del tempo (e della storia) su questi edifici, i modi in cui si è cercato di integrarli con le mutazioni dello spazio circostante, i cambi di destinazione d'uso, l'usura del tempo etc. Socialist Modernism andrebbe visto in parallelo con un altro lavoro recente dedicato all'archiettura di regime,
Spomenik di Jan Kempenaers, una documentazione dei monumenti futuristici fatti costruire da Tito nell'ex Jugoslavia per commemorare i caduti della II guerra mondiale. I due lavori compongono insieme un quadro a due facce di un'analoga utopia architettonica: da una parte i monumenti persi nel vuoto, forme surreali concepite senza alcun freno dettato da costrizioni spaziali, dall'altra una serie di edifici spesso con intenzioni altrettanto monumentali, ma modellati dal rapporto con l'ambiente circostante.
All images © Roman Bezjak