Saturday, February 23, 2008

Al lavoro

Il Mammuth fotografico, 1918.

Hippolyte Bayard parte per lavoro, saremo di ritorno nei primi giorni di marzo. Ci mancherete e speriamo vi mancheremo anche noi! Nel frattempo frugate nel nostro archivio, troverete parecchie cose interessanti!
Ci congediamo per il momento lasciandovi un piccolo presente, una lettera immaginaria del nostro mentore pioniere fotografico scritta da Antonio Tabucchi.
Il testo è in francese, l’originale è misteriosamente introvabile…

A presto.


Hippolyte Bayard leaves for work, we will be back by the beginning of March. We will miss you and we hope you will miss us too! In the meantime, dig through our archives, you’ll find plenty of interesting things!
We take leave for now with a small present for you, an imaginary letter from our mentor pioneer photographer, written by Antonio Tabucchi.
The text is in French, the original is misteriously nowhere to be found.

See you soon.

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Friday, February 22, 2008

Trasloco di civiltà

Sasha Rudensky, Bus Station, Sevastopol, Ukraine

Sasha Rudensky nel suo lavoro Remains ci mostra la Russia post-comunista come un mondo sospeso, pieno di piccoli e grandi fantasmi, pieno di tante cose fuori posto oppure messe una sopra l’altra, come se fossero ancora da sistemare o da portar via.

In her work Remains, Sasha Rudensky shows us post-communist Russia as a suspended world, full of ghosts, full of things that look out of place, or stacked away one over the other, as if they’d have to be arranged or taken away.

Sasha Rudensky, Soviet Exhibition Plane, Moscow, Russia

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Wednesday, February 20, 2008

Semiotica del cuore


“Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente”. (Roland Barthes, La Camera Chiara)

Beh, ci auguriamo che ‘l’è stato’ barthesiano presente in The Long Grass di David Farrell accada tante volte a tutti quanti…
I suoi ‘paesaggi post-coitali’ (parole sue) ci mostrano il peccato ma non il peccatore, complicando le cose per il pensiero del semiologo francese, padrino della speculazione sul fotografico assoluto: i prati di Farrell sono effettivamente ‘un’emanazione del referente’, ma stavolta il referente non è, come nelle idee di Barthes, letteralmente ‘dentro’ l’immagine come segnale per l’equivalente realtà del mondo, il ‘referente’ nasce dentro di noi dal guardare, crea un’immagine di fantasia, come è giusto che sia.
Non abbiamo bisogno di vedere una coppia che amoreggia per immaginarla, ci basta qualcosa che stimoli la nostra sensibilità, la nostra capacità di fare immagini.
In fondo, quando si parla di arte non si tratta di far vedere proprio ciò che non è ‘fisicamente’ dentro un’immagine?

“What the Photograph reproduces to infinity has occurred only once: the Photograph mechanically repeats what could never be repeated existentially”. (Roland Barthes, Camera Lucida)

Well, we hope that the Barthesian ‘the-has-been’ element in
The Long Grass by David Farrell will occurr many many times to everyone…
His ‘post-coital landscapes’ (his words) show us the sin but not the sinner, messing things up for the thought of the French semiologist, the godfather of speculation over the photographic absolute. Farrell’s grass are effectively ‘an emanation of their own referent’, but this time the referent is not, as in Barthes’ ideas, literally ‘inside’ the picture as a sign or trace of the ‘real world': the referent is inside ourselves, it is generated by the act of seeing, it creates a fantasy image, as it always should be.
We don’t need to see a couple making love to imagine it, we just need something triggering our sensibility, our own ability in making images.
Isn’t art about showing what is not ‘physically’ inside the image, after all?

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Ritorno al futuro


Piccola digressione nei giorni nostri e con l'occasione siamo felici di segnalare l'(ri)apertura del sito dell'AgenceVU ai comuni mortali (in realtà è da un po' che l'hanno riaperto, ma noi non lo sapevamo).
Un lavoro di cui vogliamo parlare è quello del fotografo scandinavo Lars Tunbjork (AgenceVU per l'appunto) che per anni ha documentato la vita degli svedesi. Lo stile a tratti ricorda, come già detto in simile occasione, la famosa marca da tè inglese, soprattutto quando la voce narrante diventa il colore riprodotto dal flash, ma nelle foto di Tunbjork l'ironia, al limite della crisi di prostata, non sostituisce mai la cura nell'utilizzo di un linguaggio sempre controllato e di grande fascinazione estetica.
Da vedere assolutamente il lavori Office, Big boys will be cowboys e Vinter.

A small digression back to our times to have the chance to report the (re)opening of AgenceVU website to ordinary people (it happened some time ago, we just didn't notice it). One interesting photographer to mention is Lars Tunbjork, Scandinavian, who's been documenting the Swedish life for years. Sometimes his style, as we already had the chance to notice in another occasion, reminds the famous English tea brand, especially when the colors hit by the flashligt become the leitmotiv, but in his pictures simple irony never replaces his attention in always choosing the right visual language, full of aesthetic fascination.
Check out his works
Office, Big boys will be cowboys and Vinter.

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Tuesday, February 19, 2008

Guerra chimica

Timothy O'Sullivan, Incidents of the War, Gettysburg, 1863

Gli albori della fotografia analogica continuano a ritornare, questa volta con una strana coppia di lavori.
Ferrotipi e lastre al collodio umido si incontrano in uno dei più mediatizzati (sempre di meno, per la verità…) e controversi temi del nostro tempo: la guerra in Iraq.
Ellen Susan realizza i suoi Soldier Portraits su lastre di metallo o vetro, Phil Nesmith nel suo lavoro My Iraq trasferisce immagini digitali su ferrotipi.
A voi la scelta…
Grazie a Muse-Ings.

©Ellen Susan

©Phil Nesmith

The dawn of analog photography comes back again and again, this time with a bizarre pair of works.
Tintypes and wet collodion plates come together on one of the most contemporary, mediatic (less and less, actually…) and controversial issues of our times: the war in Iraq.
Ellen Susan makes her
Soldier portraits on glass or metal plates, while Phil Nesmith transfers his digital photographs on tintypes for his project My Iraq.
You choose your favorite…
Thanks to Muse-Ings.

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Monday, February 18, 2008

Ritratto sociale


I ritratti di Judith Joy Ross seguono il solco del lavoro di August Sander, mostrando i volti della società americana attraverso i volti delle persone.
Fate attenzione alle date di molte delle sue immagini, scoprirete che può benissimo essere considerata tra quei fotografi che hanno anticipato alcune delle tendenze della ritrattistica fotografica attuale, proseguendo al tempo stesso la tradizione della fotografia documentaria dell’inizio del XX secolo. Ecco un esempio:

Judith Joy Ross, Danielle McGeehan, A.D. Thomas Elementary School, Hazleton, Pennsylvania, 1993

Lewis Hine, A moment's glimpse of the outer world. Said she was 11 years old. Been working over a year. Rhodes Mfg. Co. Lincolnton, N.C.
From Child Labor in America, 1908-1912


Non avendo un suo sito personale (come del resto molti fotografi ‘vecchio stile’), potete guardare il suo lavoro qui, qui, e qui.
Da leggere anche un articolo del New York Times sul suo lavoro.
Il suo ultimo libro si chiama Protest the War, una raccolta di ritratti di manifestanti contro la guerra in Iraq in varie manifestazioni in Pennsylvania.

Judith Joy Ross’ portrait photography follows the steps of the vision of August Sander, showing the many faces of American society through the faces of people.
Pay attention to the dates of many of her pictures, you’ll find out she can be easily considered as one of those photographers who anticipated some of the actual tendencies in portrait photography and at the same time carried on the tradition of early XX century documentary photography.
Not having a website of her own (like many other old school photographers), take a look at her work also here, here and here.
Also read an article from The New York Times about her work.

Her last book is called Protest the War, a collection of portraits of protesters at several demonstrations held in Pennsylvania against the war in Iraq.

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Riflessi metallici


Si prosegue sul Sunset Boulevard con le ferrotipie Far West di Robb Kendrick, un fotografo del National Geographic che nel tempo libero non trova di meglio da fare che poggiare i suoi megapixel da lavoro e mettersi a trafficare con sostanze chimiche tossiche per realizzare i suoi ritratti della Frontiera su lastre di ferro.
Da vedere sul suo sito anche il video che spiega il procedimento della ferrotipia, oppure potete leggere un’intervista con Kendrick qui.
È appena uscito il suo ultimo libro Still. Cowboys at the Start of the Twenty-First Century.

We keep going on the Sunset Boulevard with Robb Kendrick’s Far West tintypes. Kendrick is a National Geographic photographer who in his spare time has nothing better to do than putting down his megapixel gear and handle toxic chemicals to make his American West portraits on metal.
Check out on his website the video showing the tintype process and read an interview with Kendrick here.
His latest book
Still. Cowboys at the Start of the Twenty-First Century has just come out.

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Sunday, February 17, 2008

Alta definizione

1926. Washington, D.C. Photographing the photographing of giraffes at the National Zoo. 4x5 glass negative, National Photo Company.

Restiamo in tema ‘tempo che fu’, insistendo sulla nostalgia di presunte età d’oro, per accennare a Shorpy, un sito dedicato ‘alle fotografie antiche e a com’era la vita cent’anni fa’. È una collezione fantastica di materiale fotografico, di valore storico, tecnico, sociologico e tanto altro.
Un solo esempio: andate alla sezione 4x5 Kodachromes e guardate la lussuria visiva che sono quelle immagini, così ricche di colori da far pensare ad una cremosa torta di compleanno.
D’altronde, chiunque abbia mai visto una lastra diapositiva sa che oggetto seducente possa essere, anche solo a maneggiarla e guardarla controluce…
Grazie a Paola per la segnalazione.

‘Old times’ again, and more longing for past golden ages, to mention Shorpy, a website devoted to ‘old photos and what life a hundred years ago was like’. It is a fantastic collection of photographs, with great historical, technical and sociological value, and much more.
Just one example: go to the 4x5 Kodachromes section and enjoy the visual luxury of those images, so colorful they remind of a creamy birthday cake.
However, anyone who ever saw a large format transparency knows how seducing it can be, even by just handling it and looking at it against the light…
Thanks to Paola for the tip.

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Thursday, February 14, 2008

Dietrologie

Anonimo, Ritratto di Hippolyte Bayard, il pioniere fotografo francese, 1850 circa

L’annuncio che la Polaroid smetterà presto di produrre pellicole istantanee continua a ronzarmi nella testa, anche se non le ho mai utilizzate tanto. Continuo a pensarci perché non mi piacciono i cambiamenti dovuti alle semplici ragioni di mercato, senza alcun reale progresso che migliori gli strumenti messi a disposizione. Si cambia per vendere di più, punto. Si cambia anche perché non si vende più come prima, certo, ma sarebbe bello se chi produce qualcosa nel venderlo trasmettesse anche una cultura del suo utilizzo, forse allora il discorso sarebbe diverso.
Si cambia, per concludere, con il principale scopo di promuovere un uso degli oggetti che somiglia al puro consumo di essi, un utilizzo sempre più passivo.
Ecco perché in questi casi mi viene una reazione opposta e divento quasi retrogrado, andandomi a cercare esempi di lavori fotografici che siano testimonianza del trionfo dell’uso delle mani (e della testa).
Le tecniche antiche, la preparazione dei chimici, le imperfezioni della superficie dell’emulsione, quel senso di nascita che ti da l’immagine che compare e si fissa, come un animale che esce dal letargo. La nitidezza, il dettaglio, la modulazione tonale, le sfumature dei viraggi, l’esemplare unico, le sfumature di grigio come riflessi di metalli preziosi…
Questi sono amori, e quindi sono irrazionali, non importa se ‘il digitale’ arriverà a realizzarli con la ricchezza dell’analogico (e ancora non lo ha fatto), resta la sensazione che i gesti che li hanno prodotti siano più belli di una lavorazione fatta di fronte a uno schermo luminoso, e quindi li preferisco.
Pura e semplice ideologia, ma rivendicata.
Detto questo, ecco tre esempi di lavori fatti con tecniche antiche negli anni recenti:

Raymond Meeks e i suoi libri d’artista, dove il bianco e nero viene esplorato con tutte le tecniche possibili, dalle più antiche alle più recenti.

©Raymond Meeks

I lavori di Sally Mann degli ultimi anni, dove passa dal collodio umido alle stampe al platino o utilizza obiettivi antichi (uno originariamente di proprietà di Nadar – qui rasentiamo il fetcismo).

©Sally Mann

Infine, i bellissimi Surfers al collodio umido di Joni Sternbach, oppure i suoi oceani al platino/palladio (trovato su Mrs Deane).

©Joni Sternbach

Per sapere qualcosa di più su quella che oggi è chiamata ‘fotografia alternativa’, potete farvi un giro qui, oppure dal nostro amico autore di Camera Obscura.

The announcement made by Polaroid that they will soon discontinue instant film keeps turning in my mind, even if I’ve never been a great user of it. I keep thinking about it because I don’t like market-oriented changes, deprived of any kind of real progress of the products. You change to sell more, period. You probably also change because you don’t have great sales anymore, but I think that if you could transmit some sort of culture of the use of what you sell, then things would be better.
You change, in conclusion, to promote the use of what you sell as if they’re just convenience goods, and you end up promoting an always more passive use of them.
This is why I always have an opposite reaction to all this and I almost become retrograde, starting to look for works that stand as a celebration of the use of the hands (and of the brain).
The old photographic techniques, the chemistry, the imperfections over the emulsion’s surface, that feeling of birth coming from the image while it’s appearing and then being fixed, like an animal coming out of dormancy. The sharpness, the richness of details, the tone modulation, the nuances of a toning, the unique piece, the shades of grey, like reflections of precious metals.
These are my loves, therefore they are irrational: I don’t care if ‘digital’ will achieve equal results (and it didn’t succeed yet), I’ll still think that the actions producing them are far more beautiful than any post-production in front of a computer screen, so I just prefer them.
Pure and simple ideology, maybe, but clearly claimed.
Having said that, here come three examples of photographic works made with alternative techniques in these last years:

Raymond Meeks
with his Artists’ Books, where he explores B/W with almost any available technique, from the oldest to the most recent.

Sally Mann’s works from the last years, where she moves from wet plate collodion to platinum prints, or using old lenses (one was owned by Nadar – that is close to fetichism).

The beautiful wet plate collodion
Surfers by Joni Sternbach or her platinum/palladium oceans (found at Mrs Deane).

To find out more about what is now called ‘alternative photography’, try here or check out Camera Obscura.

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Wednesday, February 13, 2008

Scolpire il tempo


...come diceva il bellissimo titolo di un libro sul cinema scritto da Andrej Tarkovskij.
Nei giorni in cui la Polaroid annuncia la dismissione della produzione di pellicola istantanea per gettarsi nell'arena digitale, ci sembra giusto ricordare due libri che raccolgono le Polaroid scattate da uno dei più grandi registi della storia del cinema: Luce Istantanea (anche qui) e Bright, Bright Day.

"Ma io... io sto diventando un essere umano! Io sento non meno di voi, e posso già fare a meno di lui. Io... lo amo."
(Da Solaris, 1972)

Sculpting in time was the beautiful title of a book on cinema by Andrey Tarkovsky.
In these days when Polaroid is shutting down its film manufacturing lines to throw themselves inside the digital arena, we want to remember two books collecting the Polaroids made by one of the greatest directors in film history:
Instant Light (also here) and Bright, Bright Day.

"I... am becoming a human being! I feel nothing less than all of you, and I can already live without him. I... love him."
(From Solaris, 1972)

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Una puntura tra la paglia


Erika Larsen (Redux) quest'anno si è classificata seconda nella sezione Sports Features del World Press Photo con un lavoro sui bambini cacciatori. Le sue immagini, anche quelle più strettamente reportagistiche , non sono mai enfatiche nè brutali, la violenza insita in alcune sue foto perde consistenza e si trasforma quasi in elemento poetico. come le mani insaguinate di un bambino mentre sezionano un animaletto, che sembrano essere immerse in uno stato di grazia. In generale tutti i suoi lavori sono da vedere in particolare segnalo Tactical Response e The Hunt, che trovate sul suo sito.

Erika Larsen (Redux) ranked second in the Sports Features section of 2008 World Press Photo contest with her work on baby hunters. His images are never emphatic or brutal, not even the more reportagistic ones. The violence inside her pictures loses consistency and turns into something almost poetic, like the bloody hands of a kid dissecting a small dead animal, looking like immersed in a state of grace. Her whole body of work deserves to be looked at, especially
Tactical Response and The Hunt, on her website.

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Friday, February 8, 2008

Cartoline da un altro pianeta


Che siano immagini della sua famiglia fotografata nel corso dei decenni o quelle di fotoamatori che bramosamente scattano immagini di modelle nude, oppure gli sconosciuti accolti nel suo Salone dell'Autostima, i lavori di Chris Verene sono mondi paralleli, dove i più tipici momenti della vita di tutti i giorni appaiono come messi in scena da uno scrittore satirico.

Whether you're watching the images he's been making of his family in the last two decades or those showing photoamateurs greedily shooting naked models, or the people hosted in his
Self-Esteem Salon, the works by Chris Verene are like parallel worlds, where the most typical moment of everyday life look like they've been adapted by a satirical writer.

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Wednesday, February 6, 2008

Paura e delirio


Fatevi un giro nella gonzo photography di Les Krims (qui una wiki biografia), dove i pilastri della cultura e contro-cultura degli ultimi decenni di storia americana collassano l’uno sull’altro e la parte 'giusta' e quella 'sbagliata' perdono le loro maschere rassicuranti. Poesia del politically uncorrect.
Grande musica di sottofondo al suo sito.

Take a tour into the
gonzo photography by Les Krims (his wiki biography here), where the pillars of American culture and counter-culture from the past decades collapse one over the other and the 'right' and the 'wrong' side lose their reassuring masks. Poetry of the politically uncorrect.
Great music played on his website.

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Il lato oscuro


Che siano templi della tecnologia o paesaggi naturali imponenti, nelle immagini di Dan Holdsworth ci viene mostrato un mondo dove sembra che gli esseri umani siano stati dimenticati, tracce di un passato ormai lontano.
Altre immagini e link qui.

Whether we see temples of technology or majestic natural landscapes, the images by Dan Holdsworth show us a world where human beings have been forgotten, like memories from a distant past.
More images and links here.

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Tuesday, February 5, 2008

Immagine latente

Alec Soth photographing Cat Power, Paris

Fotografi che raccontano le fotografie che hanno visto e sentito ma che non hanno fatto, immagini che restano come ‘interne’, fisse ma mutevoli: The Photographs Not Taken è la raccolta di riflessioni di tanti autori creata da Will Steacy.

Photographers talking about the photographs they saw but did not take, images leaving an inner trace, fixed but changing at the same time: The Photographs Not Taken is the collection of thoughts by many authors created by Will Steacy.

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Sunday, February 3, 2008

"...rinchiusi nei silenzi di una prigione senza confini."


Marie Sauvaitre per alcuni mesi ha esplorato le culture nomadi più diverse (Errance), dai beduini Giordani, ai "traveller" Californiani, zingari Francesi e ora sta completando il suo lavoro fotografando New York e il deserto del Negev (Israele).
La Sauvaitre non ripete nulla di già visto su di un argomento che ormai è quasi fotografia di "genere": elimina dalle sue immagini la "forma" persona e rievoca continuamente l'emozione che si genera dal contatto con la bellezza, mostrando la scelta del viaggio non come condizione sociale da analizzare antropologicamente, ma contemplativa, il rapporto cosciente della fragilità dell'equilibrio esistente tra se stessi e l'ambiente che si vive, l'esperienza dell'energia che il bello è capace di generare.

Marie Sauvaitre has explored an array of nomad cultures (Errance), ranging from the Jordan Bedouins, to Californian "travellers" and French Roma. She's now completing her work by portraying New York City and the Negev Desert (Israel). Working on a subject that's so worn out as to become "genre photography", Sauvaitre avoids any cliches: she pulls humans out of the frame to concentrate on emotions being generated by contact with sheer beauty. In her pictures, the choice of nomadism is shown as a contemplative mindframe and not as a social status to be analyzed anthropologically; the stress is both on the awareness of how fragile the equilibrium between nomadic people and the environment is, and on witnessing how nature's beauty is a continuous source of energy.

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Doppio gioco


Si dice spesso che in fotografia è impossibile realizzare qualcosa di realmente originale, ecco una prova piuttosto drammatica: dopo gli amati Lego Classics di Balakov, ecco una sorta di Playmobil Classics, dal libro Historia dunha Fotografía de Xoguete (Storia della fotografia giocattolo, grosso modo) di Marcos Vilariño.
Chissà se i due avrebbero piacere ad incontrarsi…
Forse il punto sta in quello che diceva Stanley Kubrick: ‘Ogni scena in realtà è già stata girata, il nostro lavoro è farla semplicemente un po’ meglio’.

It is often said that you can’t create anything absolutely original in photography, well here’s a quite dramatic proof of it: after our dear Lego Classics by Balakov, here comes a sort of Playmobil Classics from the book
Historia dunha Fotografía de Xoguete (History of plaything photography, roughly translated) by Marcos Vilariño.
I wonder if the two would have pleasure in meeting each other…
Perhaps the point is simply what Stanley Kubrick used to say: ‘Every scene really has been done, our job is always to do it just a little bit better’.

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Il maestro

August Sander, Cassiere di Banca, Colonia, 1928

In una pigra domenica mattina, ho sentito che era il momento giusto per dare il mio piccolo contributo nel ricordare, ce ne fosse ancora il bisogno, quanto grande è stato ed è il lavoro di August Sander. Ricordare anche quanta fotografia pende ancora dalle sue labbra, quanti lavori raggiungono uno stato di compiutezza o consacrazione solo per dimostrarsi una più o meno valida riproposta di quello che un uomo ha fatto, da solo, circa 80 anni fa.
È conosciuto per l’enorme mole dei suoi ritratti della società tedesca, ma basterebbe anche solo il suo lavoro (meno conosciuto, e meno reperibile sul web) sul paesaggio tedesco per dimostrare l’artista che era. Ecco un esempio:

August Sander, La Valle del Reno e l'isola di Nonnenwerth, 1930

Qui trovate immagini da una mostra che presenta insieme i ritratti, l’architettura e i paesaggi di Sander, qui un interessante articolo sulla sua visione del territorio tedesco.
Tracce della ritrattistica di Sander sono presenti ovunque nella fotografia di oggi (e di ieri): un gioco da provare, si creeranno incroci assurdi tra Walker Evans, Diane Arbus, Thomas Struth, Alec Soth, Rineke Dijkstra e così via…

Suggerisco un inizio: partite da qui, dice già molto (potevano almeno menzionarlo, il povero Sander!)…

August Sander, Il pittore Otto Dix e sua moglie Martha, 1925

On a lazy Sunday morning, I realized it was the right moment to give my small contribution to remind, if it were still necessary, how great is the work by August Sander. And also remind the great part of contemporary photography that is still hanging on his lips, and the great amount of work resulting nothing more than a more or less valid repetition of what one man, on his own, did 80 years ago.
He is renowned for his portraiture of the German society, but his less known (and less accessible on the web) landscape work is already a proof of the artist he was.
Here you can find images from an exhibition showing his portrait work together with his landscape and architecture images, and you can read an interesting piece on his vision of the German land here.
Traces of his portraiture are everywhere in today’s (and yesterday’s) photography: it is an interesting game to try, you’ll find strange cross-references among Walker Evans, Diane Arbus, Thomas Struth, Alec Soth, Rineke Dijkstra and so on…
I’ll just suggest a starting point: begin with here, it already says a lot (at least they could have mentioned him, poor Sander!)…

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Saturday, February 2, 2008

Argento vivo

© Andrea Calabresi

Fotografo, stampatore, insegnante, Andrea Calabresi è uno di quei rari esempi ormai di artista fotografico ‘totale’, dove il lavoro e la ricerca cominciano col comporre l’immagine e si concludono con l’interpretazione in camera oscura, il tutto fuso in un unico grande processo creativo, dove scatto, uso della pellicola e stampa non possono che esistere l’uno per l’altro.
Il suo lavoro Close Landscapes è un esempio molto bello di questa ricerca di una visione, un mondo di toni e sfumature, giardini d’infanzia visivi.
Potete vedere delle immagini anche qui, se avete problemi a visualizzarle.
Da vedere anche il lavoro della compagna di viaggio Alessia Cervini.

Photographer, b/w printer, teacher, Andrea Calabresi is one of those rare examples nowadays of ‘total photographic artist’. His work and studies start with composing the images and end with the image interpretation in the darkroom: all is merged in one whole creative process, where taking the picture, choosing and processing the film and printing cannot exist but one for the other.
His work
Close Landscapes is a beautiful example of his quest for a vision, a world of tonalities and nuances, kindergartens for the eye.
More images here (if you have problems viewing them).
Check out also the work of his fellow traveller Alessia Cervini.


© Alessia Cervini

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